mercoledì 29 aprile 2015

Cercando Battisti. Trovando la Morte.

Quando arriva la primavera si rispolvera la fastidiosa abitudine di sentirsi di nuovo giovani. 
Di solito si commisera la propria forma fisica in vista dell'estate, ci si mette in testa di fare un viaggio zaino in spalla attraverso i monti Sibillini e, nel migliore dei casi, ci si mette a cantare a squarciagola "Fiori rosa, fiori di pesco" pregustando la sera in cui, in riva al mare, canteremo "Acqua azzurra, acqua chiara", ben sapendo che quella sera non arriverà mai, l'abbiamo magari già vissuta, amata, vomitata, odiata e dimenticata.



Quando arriva la primavera, di solito, Lucio Battisti bussa alla mia porta. E come ogni primavera io ci casco come una pera cotta, eccomi lì, occhi chiusi, pugni stretti a urlare "noooooooooooo il sole quando sorge sorge piano e poiiiiiii, la luce si diffonde tutt'intorno a noiiiii, le ombre ed i fantasmi della notte sono alberi e cespugli ancora in fiore, sono gli occhi di una donna ancora piena d'amoreeeeeeeee"rapita e tremante, come se cantare quella canzone potesse in qualche modo avere su di me un effetto salvifico.

Lucio Battisti bussa e bussa forte, lì alla mia porta, incurante del fatto che non sempre io apra a tutte le povere anime. Si tratta semplicemente di affinità, tra me e Lucio non c'è nessun legame umano, nessun ricordo ci lega particolarmente l'uno all'altro, nessun amore solo consumo consapevole delle sue canzoni, niente affetto. Tipo me e Morrissey. O l'umanità intera e Morrissey.
Ho più affinità con Gianni Morandi quando canto "Non sarà solo una chiiiiimeeeeeeera": mi rivedo lì, piccola bambinetta seduta sul pavimento di casa della nonna ad ascoltare quella cassetta bianca trovata nel Dixan. Quanto amavo i sabati sera dalla nonna, mi sentivo grande ed indipendente avendo solo pochi anni in tasca. Il mondo cominciava e finiva di sabato, per me. La domenica non avrei più potuto ascoltare Gianni Morandi, ero già un'altra bambinetta qualsiasi.
Battisti (e Morrissey) è solo musica. Niente amore, solo sesso.

Battisti mi faceva da sottofondo mentre mi truccavo, a 20 anni, prima di uscire. Mi sentivo una di quelle donne maliziose e mortalmente sexy che facevano impazzire Mogol.
Non avevo amore, lo ascoltavo senza cura, una canzone dopo l'altra, Il tempo di morire, Non è Francesca, Dieci ragazze, Dolce di giorno.
Poi, con gli anni e la consapevolezza di sentirmi esattamente uguale ad ogni altro essere umano, senza trucco e senza tanta voglia di uscire, ho cominciato ad ascoltare per bene quello che diceva Lucio, quello che sapevo, ovvero che quando cade la tristezza  in fondo al cuore, come la neve, non fa rumore.
Mi sospirava in un orecchio: "chiudere gli occhi per fermare qualcosa che è dentro me ma nella mente tua non c'è".  Lucio era un novello Cristiano che cantava le parole che Mogol intrecciava come Cyrano.

Battisti è morto il 9 settembre del 1998, avvolto nel suo oscuro personaggio, si dice per un tumore.
Scrivere di lui non è facile. La sua famiglia è incazzosa come un grizzly e in più lanciano anatemi e querele come Zeus scatafasciava fulmini a destra e manca. Quindi siete costretti a beccarvi la solita nota autobiografica.

Lucio mi fa pensare alle ragazze di Non è la Rai e a quanto abusassero di minigonne, lupetti e colori abbaglianti mentre cantavano Il nastro rosa, Non è Francesca o Io vivrò con lo stesso pathos con il quale io passo l'aspirapolvere.
E basta.
Altre memorie non le ho. Ve l'ho detto che tra di noi non era una cosa seria.
Ma pensando a quali ricordi potessi avere legati a lui, mi è arrivato alle spalle il soffio gelido di colui che chiamerò Il mio Primo Grande Amore.
Stavo pensando alle serate sulla spiaggia a cantare nel vago tentativo di ricordare se si cantasse roba tipo "Acqua azzurra, Acqua chiara" ma mi fermavo ai vari campi parrocchiali (sì, doloroso pure questo come ricordo, ma ci arriveremo piano piano, un'esperienza traumatica alla volta), nei miei pensieri andati vedevo solo spiagge vuote e buie, tanto alcool e poi, lontano, sfuocato, la sagoma del mio Primo Grande Amore, colui che ha reso quelle spiagge fredde e la mia vita dai 17 ai 22 anni un deserto radioattivo d'insicurezza e goffaggine.
Vedo la sua carnagione olivastra, i suoi occhi scuri, quella risata nervosa e quei modi gentili e falsi come i soldi del Monopoli, la chitarra tra le dita e la perfida sicurezza dell'essere sempre nel giusto.
Lo vedo suonare per un'altra. Lo vedo chiamarmi con un altro nome mentre ci stringiamo sulla spiaggia. Lo vedo che inizia a strimpellare Battisti.
Mi sono costretta a riguardare le foto di quegli anni, a rileggere i messaggi. Niente. Sola col mio cuore enorme e l'amara consapevolezza del rifiuto di colui che tanto amavo, relegata in un angolo scomodo e scivoloso.
Non ho trovato nemmeno una foto di noi due insieme. Anche se a sentir la sua voce che rimbomba nel fondo del mio cranio, eravamo tanto amici, sempre amici, migliori amici.

Quindi scusa Lucio, ma anche se non c'entri nulla, non posso aprirti, non posso urlare "cieli immensi e immenso amoreeeee" perché ora ti ho legato al passato, ad un brutto passato.
Ti è andata peggio che a Morrissey.

La lezione di oggi è che non dovete mettervi a cercare nei ricordi nel tentativo di legarli a qualcosa o qualcuno. Vi ritrovereste in un mare nero.

Io non conosco quel sorriso sicuro che hai
Non so chi sei, non so più chi sei
Mi fai paura oramai
Purtroppo

Dedicato a C. 




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